Sono passati quasi trentasette anni ma quella rivalità resta ancora una delle più popolari ed affascinanti della storia della Formula 1. Il lungo duello fra Niki Lauda e James Hunt che caratterizzò la stagione 1976 è diventato un film, che sarà nelle sale cinematografiche di tutto il mondo il prossimo 13 settembre con il titolo di “Rush” e da oggi è on line il lungometraggio del film diretto dal Premio Oscar Ron Howard. I due protagonisti principali sono Chris Hemsworth, che interpreta Hunt, e Daniel Brühl, cui spetta il compito di impersonare Lauda. Nutrita la rappresentanza femminile, con Olivia Wilde nei panni di Suzie Miller, moglie del pilota inglese, Alexandra Maria Lara nel ruolo di Marlene Knaus, allora compagna del ferrarista, e c’è anche un attore italiano, Pierfrancesco Favino, che ha la parte di un altro pilota assai caro ai tifosi del Cavallino Rampante, lo svizzero Clay Regazzoni.
Ai tifosi ferraristi di ieri e di oggi l’esito di quel duello lascia ancora l’amaro in bocca. Quel titolo Piloti del 1976 non doveva sfuggire dalle mani di Niki Lauda ma il drammatico incidente del Nürburgring mise fuori gioco il pilota austriaco per tre gare, consentendo al suo grande rivale, l’inglese James Hunt, di riguadagnare il terreno perduto nella prima parte della stagione. Pur protagonista di un fulmineo recupero, Niki non poteva certamente essere al meglio nelle ultime corse ma riuscì comunque a presentarsi in testa alla classifica con tre lunghezze di vantaggio sul rivale della McLaren alla vigilia della gara conclusiva, il Gran Premio del Giappone.
Quella domenica 24 ottobre passò alla storia per la scelta di Niki di abbandonare la corsa a causa delle condizioni meteorologiche proibitive che resero la pista ai limiti, se non oltre, della praticabilità. Lauda, cui sarebbe bastato anche arrivare fuori dalla zona punti (all’epoca si premiavano i piazzamenti dal primo al sesto posto) a patto che Hunt non ottenesse meglio del quinto posto per laurearsi per la seconda volta consecutiva campione del mondo, scelse di ritirarsi dopo due giri, affermando che non la situazione in pista era troppo pericolosa.
L’inglese proseguì e, al termine di una corsa a dir poco rocambolesca, si classificò terzo conquistando così l’iride. Tanto si disse e si scrisse, anche negli anni successivi, su quella giornata, sui retroscena di quanto avvenne prima, durante e dopo la corsa. Adesso si potrà rivivere al cinema la storia del rapporto fra due uomini che interpretavano il mestiere di pilota alla loro maniera, diversa certamente dal modo in cui i loro eredi di oggi fanno. Chi ha visto il film in anteprima è rimasto colpito da come Howard sia riuscito a descrivere i caratteri dei due piloti e a dipingere con maestria il mondo della Formula 1 di allora.
Quello che è certo che sia rimasto oggi, nonostante i quasi trent’anni trascorsi e gli enormi progressi fatti in termini di sicurezza, è la consapevolezza che, come afferma il trailer di Rush, “C’è una bugia che i piloti dicono a se stessi: la morte è una cosa che capita ad altre persone”. Chi lavora nel paddock lo sa bene e non lo dimentica mai.
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