Qualche giorno addietro, con un comunicato stampa, Fiat a sorpresa annunciava che il piano Fabbrica Italia tornava ad essere solo un progetto, e dunque non è più possibile farvi riferimento perché dal suo lancio nell’aprile 2010 ad oggi le cose sono profondamente cambiate.
Così gli investimenti per 20 miliardi di euro da parte di Fiat e Fiat Industrial e una crescita della produzione nel nostro paese da 650mila e 1 milione e 400mila auto, non sono più realizzabili, secondo Sergio Marchionne, almeno nel breve periodo. Il Manager di Fiat lo ha detto sin dall’inizio: “l’unico modo per sopravvivere nel mondo dell’auto è quello di riuscire a produrre non meno di 6 milioni di pezzi all’anno”. E così seguendo questo progetto ambizioso, si è tentato prima di acquisire la Opel dalla General Motors, poi visto l’esito negativo della trattativa si è aperta la strada verso la scalata alla Chrysler.
Il Comunicato di Fiat ha allarmato tutti: sindacati, il mondo politico e tanto più le famiglie degli operai che lavorano negli stabilimenti italiani. La risposta alle polemiche e agli attacchi subiti (come quello di Della Valle) non si è fatta attendere, in una intervista al direttore di Repubblica, Ezio Mauro, il manager del gruppo torinese ha detto a chiare lettere di non voler lasciare l’Italia, nonostante la situazione drammatica, ha rassicurato di non voler chiudere nessun stabilimento, né tanto meno licenziare gli operai. In questi mesi di gravi ripercussioni sul mercato europeo la Fiat ha perso ancora di più rispetto alle altre case perché per lei è fondamentale il mercato italiano. Nei primi otto mesi le vendite del Lingotto sono diminuite del 16,6% con una quota al 6,5% (da 7,3%).
Considerando la performance dei diversi brand del gruppo emerge, per agosto, una flessione delle vendite del 15,4% per Fiat, del 24,8% per Lancia/Chrysler e del 31,5% per Alfa Romeo. Positiva solo Jeep con +4,9%. Il Lingotto con le sue 37.687 unità vendute in agosto é stato superato per volumi da costruttori del segmento premium come Bmw (42.894) e Daimler (39.464), che pure hanno accusato, anch’essi, un calo delle immatricolazioni nel mese pari rispettivamente al 12,4% e allo 0,3%.
Alla domanda di Mauro, del perché costruttori come Volkswagen, Opel, Kia o Bmw continuano a sfornare modelli per cercare di incrementare le vendite, Marchionne ha risposto che, se avesse lanciato in questo momento dei nuovi modelli avrebbero fatto la stessa fine della nuova Panda di Pomigliano: la miglior Panda nella storia, 800 milioni di investimento, e il mercato non la prende, perché il mercato non c’è.
Se quell’investimento fosse stato moltiplicato per quattro, e avesse lanciato sul mercato altre 4 auto, molto probabilmente la Fiat sarebbe fallita entro il 2012. Immettere sul mercato un nuovo modello ti permette di aumentare le vendite, ma quando il mercato non risponde, non si riesce a recuperare più l’investimento fatto per la messa in produzione. Fino al 2014 non vede cambiamenti Marchionne, che nonostante tutto ha fiducia di poter sopravvivere alla tempesta con l’aiuto di quella parte dell’azienda che va bene in America del Nord e del Sud, per continuare a sostenere quella italiana. Intanto, fra qualche giorno al Salone di Parigi il Gruppo Fiat-Chrysler sarà presente coi suoi marchi che faranno debuttare numerose “novità” destinate alla commercializzazione nei prossimi mesi.
Da Fiat a Jeep, dall’Alfa Romeo alla Lancia il “made in Italy” è fra i protagonisti della rassegna parigina. La vera novità è la Panda 4×4, l’unico modello a trazione integrale del segmento A. Erede di un best seller che fece la sua prima apparizione quasi 30 anni fa, oggi la Panda di terza generazione a trazione integrale sposa appieno lo spirito di questi tempi, dimostrandosi capace di coniugare le consolidate capacità off-road ad un design rifinito ed un’architettura efficiente e compatta. In questi giorni arriva nei concessionari la 500L e l’anno prossimo, come più volte da noi anticipato, toccherà alla 500X. Speriamo, nonostante le previsioni sempre azzeccate di Marchionne, che questa volta possano essere sbagliate, avere successo di vendite e contribuire al rilancio dell’auto che sta alla base dell’economia su cui è fondato il paese Italia.
Testo a cura di Carlo Rallo
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