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Audi e-tron Spyder: come prende forma un’idea

Tempo di lettura: 3 minuti

Alla periferia di Ingolstadt, su un edificio rettangolare dalla facciata grigia, come altre migliaia nelle periferie di ogni città, sventola inaspettatamente – e quasi fuori posto – una bandiera bavarese. In realtà, questa landa desolata è uno dei luoghi dove si sta progettando il futuro dell’automobile. All’interno dell’edificio, infatti, l’attività è frenetica. Due designer e quattro modellisti sono al lavoro intorno a un blocco marrone di plastilina industriale. Il frutto del loro impegno anticipa il nuovo corso stilistico della Audi: questo è il luogo in cui è stata creata la show car Audi e-tron Spyder.
Le facce sono tese, gli sguardi scorrono ancora un’ultima volta i dati sugli schermi. Il “click” decisivo mette fine all’attesa e aziona le frese montate su due enormi bracci meccanici. Dando forma ai dati inseriti nei computer, per le 18 ore successive queste scaveranno il materiale, uno strato dopo l’altro, fino a creare la prima metà del modello, in 3 dimensioni e a grandezza naturale. Un’altra infornata di dati e li macchinari iniziano il lavoro sull’altra metà.
In questa prima fase indagatoria, i designer lavorano su due diversi progetti, per rendere più facile comparare i risultati e prendere le necessarie decisioni. Il disegnatore Audi Frank Lamberty usa strisce di nastro adesivo nero per disegnare linee perfette. Indietreggia in continuazione, per osservare il suo lavoro da un altro punto di vista e arrivare a un risultato comparabile alla produzione di serie: anche le show car, infatti, devono essere Audi sotto tutti i punti di vista. Se gli si chiede di ripercorrere le fasi di definizione del design della e-tron Spyder, Lamberty racconta: “Continuavamo a rimbalzare come palline da ping-pong tra l’eleganza delle imbarcazioni veloci e il modo radicale di intendere la velocità proprio delle moto nude e della roadster degli Anni ’60 e ’70. La Audi e-tron Spyder nasce da questa convergenza carica di suggestioni”.
Mancano tre mesi al Salone di Parigi 2010; Lamberty e il suo Team stanno lavorando intensamente alla definizione del modello. Il fatto stesso che possano lavorare su una show car è già di per sé un successo professionale: come per molti altri designer, lavorare a un prototipo è il sogno di una vita. “Il bello di una show car è proprio il fatto che le idee da cui trae origine sono spesso sviluppate e implementate senza alcuna costrizione tecnica” aggiunge Wolfram Luchner, uno dei designer Audi che ha lavorato maggiormente alla definizione della carrozzeria della e-tron Spyder.
Per decidere chi avrebbe dovuto occuparsi del progetto, la Audi ha indetto un concorso interno, a cui hanno aderito 17 designer. “Le idee sviluppate erano audaci e prive di costrizioni, alcune anche radicali. L’ampio respiro dei primi bozzetti mostra le potenzialità dei nostri disegnatori” commenta Stefan Sielaff, Responsabile del Design Audi.
Sielaff ha scelto inizialmente 4 team, che hanno avuto 2 settimane per dare un’indicazione precisa della direzione in cui intendevano muoversi. Passo successivo è stata la trasformazione di due progetti in modelli tridimensionali. 
 Nelle prima fase gli ingegneri decidono il design strutturale, definendo 10 punti “caldi” che i designer non possono assolutamente alterare. Tutto il resto, invece, potrà essere negoziato alla ricerca del miglior compromesso.
E visto che il design non sempre segue i dettami tecnici, certe negoziazioni non sono certo facili. “La libertà nel tratto è l’elemento che rende tanto attraenti le show car” dice Luchner. “Tengo sempre a mente l’idea originaria di un progetto, cercando di migliorarla con i minori cambiamenti possibili”. D’altra parte, a volte occorre sottostare alla volontà dei tecnici. Una show car, per quanto costruita utilizzando in gran parte pezzi unici, deve soddisfare tutti i requisiti tecnici per poter essere guidata e fotografata in movimento.
Mentre alcuni si dedicano alle rifiniture delle maniglie sulle portiere, designer e ingegneri si concentrano sui cerchi. La struttura di alluminio e carbonio ricorda da vicino la forma di una turbina e la delicatezza d’insieme l’avvicina a un pezzo da gioielleria. Tutti sono d’accordo nel dire che su questo punto è stata concretizzata un’idea che pareva impossibile. Un’idea che non avrebbe potuto essere realizzata nella produzione di serie: mentre i cerchi delle precedenti show car erano composti da non più di 5 o 6 parti, quelli della e-tron Spyder sono composti da oltre 66 elementi.

marco lasala

Credo di esser nato per comunicare la mia passione per i motori: i miei primi passi li ho mossi.. su di un kart!!! Mi sono laureato in Economia e Commercio (indirizzo Marketing), ma ho iniziato a fare il giornalista da quando avevo poco più di 20 anni, scrivendo per quotidiani nazionali e riviste estere. Oggi collaboro con diverse testate specializzate nell’universo automotive, provo auto e moto, descrivo le mie sensazioni di guida, cerco di emozionare i lettori. Sono un competitivo, amo salire sul gradino più alto del podio, sono convinto che il pericolo più grande sia frenare, piuttosto che affrontare una curva a gas aperto! Il mondo dei motori è in continua evoluzione, l’elettrificato macina chilometri, ma… nella mia mente la melodia di un V12 a 8.000 giri non svanirà mai!

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